Itinerario

I Racconti delle Pietre

Percorso della memoria – “Le storie delle pietre”

I Percorsi della Memoria sono progettati per offrire una conoscenza intima e profonda dei luoghi e delle comunità che vi vivono. Ogni itinerario proposto è costituito sia da luoghi che da eventi. Infatti, nel percorso che seguiremo, racconteremo le storie personali di donne e uomini, o gli eventi di cui sono stati protagonisti. Siamo convinti che in questo modo sia possibile comprendere l’essenza dell’identità di un territorio e, allo stesso tempo, come certi valori siano diventati il patrimonio vivo di una comunità.

In questo caso proponiamo un itinerario urbano particolare: il percorso si sviluppa attraverso tappe che includono la sosta davanti a targhe commemorative di eventi legati a storie personali di grande intensità, ma che hanno anche segnato la recente storia collettiva della città di Bologna durante la Seconda Guerra Mondiale.

L’obiettivo è liberare queste pietre dalla retorica commemorativa e dare loro una nuova vita.

Il nostro tentativo è quello di ridare senso, attraverso la narrazione, al sacrificio di coloro che non hanno esitato a mettere in gioco le loro vite per un mondo migliore. Un vero testamento, in cui il vero patrimonio è costituito da idee, sogni e speranze, ma soprattutto dall’esempio di queste donne e uomini per un mondo più libero e più giusto di quello in cui avevano vissuto. Questo è il nostro dovere, affinché il loro sacrificio non sia stato vano.

Per questi motivi abbiamo deciso di chiamare il nostro itinerario “Le storie delle pietre”.

L’itinerario prevede come prima tappa Piazzetta della Vittoria a Casalecchio luogo della Strage del Cavalcavia. Con l’8 settembre 1943 molti giovani presero la strada delle montagne e si diedero alla lotta partigiana. La città fu protagonista di un eccidio (Eccidio del Cavalcavia) a opera dei nazifascisti. Tredici partigiani, catturati nella battaglia di Rasiglio l’8 ottobre ’44, furono barbaramente trucidati, due giorni dopo, il 10 ottobre, nella allora piazzetta della Vittoria, sotto il cavalcavia che attraversa tuttora la linea ferroviaria. Seviziati e picchiati e legati col filo di ferro al collo, furono esposti per una settimana come monito. Il sistema di rappresaglia molto crudele farà pensare alle SS del “boia” di Marzabotto Walter Reder, quali responsabili di questa tragedia. Sei furono i partigiani italiani morti e sei quelli russi, ex prigionieri dei campi di lavoro. Fra le vittime vi fu anche un medico di origine costaricana, Carlos Collado che si era unito ai partigiani, nelle file di Giustizia e Libertà. La Seconda guerra mondiale fu particolarmente disastrosa per Casalecchio. Durante i 41 bombardamenti di cui fu vittima, furono numerose le case distrutte e nell’ultima incursione aerea fu abbattuto il ponte e un intero quartiere, la Fondazza, fu interamente raso al suolo. Per questo motivo Casalecchio fu chiamata la “Cassino del Nord”. Il 10 aprile 2003 il Presidente della Repubblica concesse la Medaglia al Valore Civile alla città di Casalecchio per i bombardamenti di cui fu l’involontaria protagonista. Furono 140 le vittime civili per cause belliche, 9 le vittime civili per rappresaglia e 16 furono i partigiani uccisi (tre anche in località Cocca, a Bologna).

Il nostro percorso prosegue verso il Cimitero della Certosa, lungo la cui parete si trova la targa dedicata al massacro di sei partigiani, tra cui Francesca Edera De Giovanni. Prima donna partigiana fucilata dai fascisti, mostrò il suo grande spirito combattivo fino all’ultimo momento, nonostante avesse 19 anni al momento della sua esecuzione.

Un’altra targa, non lontana da qui, indica il luogo dove fu abbandonato il corpo di Giovanni Martini. Conosciuto come “Paolo” di guerra, nel dicembre 1944 condusse l’attacco al carcere di San Giovanni in Monte, dove furono liberati i prigionieri politici e di diritto comune. Partecipò attivamente come vicecomandante sul campo alla battaglia di “Porta Lame”, essendo uno degli spiriti più brillanti della Resistenza bolognese.

Il percorso prosegue verso lo Stadio Renato Dall’Ara, dove si trova la targa commemorativa dedicata a Árpád Weisz, indimenticabile allenatore della squadra bolognese degli anni ’30. Per le sue origini ebraiche, fu vittima delle leggi razziali in Italia. Il suo percorso fu triste e tormentato e terminò ad Auschwitz dove, con tutta la sua famiglia, trovò la morte per mano dei nazisti.

A poca distanza dallo stadio si trova la casa di Irma Bandiera, dove è stata brutalmente uccisa dalle squadre fasciste dopo sette giorni di tortura. Una figura eccezionale della Resistenza italiana ha mostrato, nonostante la sua giovane età, cosa significa la lealtà verso sé stessi, i suoi principi, i suoi compagni, ma soprattutto il suo coraggio di difendere e lottare per i diritti e la libertà, non solo per lei, ma anche per tutti quelli che verranno dopo di lei. Irma Bandiera nasce nel 1915 in una benestante famiglia bolognese; Irma Bandiera inizia ad aiutare i soldati sbandati dopo l’armistizio e ad interessarsi di politica, aderendo al Partito Comunista. A Funo, dove andava a trovare i parenti, conosce uno studente di medicina, Dino Cipollani di Argelato, il partigiano “Marco”. Irma entra quindi nella Resistenza, al tempo molto attiva nella bassa bolognese, con il nome di battaglia “Mimma” nella VII brigata GAP Gianni Garibaldi di Bologna (I Gruppi di Azione Patriottica (GAP), formati dal comando generale delle Brigate Garibaldi alla fine dell’ottobre 1943, erano piccoli gruppi di partigiani che nacquero su iniziativa del Partito Comunista Italiano per operare prevalentemente in città, sulla base dell’esperienza della Resistenza francese. I militanti dei GAP erano detti “gappisti”.

Il 5 agosto 1944 i partigiani uccidono un ufficiale tedesco e un comandante delle brigate nere, scatena il giorno successivo la rappresaglia a Funo. Tre partigiani vengono arrestati e portati alle scuole di San Giorgio di Piano. Il 7 agosto 1944 Irma Bandiera aveva trasportato delle armi alla base della sua formazione a Castel Maggiore. La sera del 7 agosto è arrestata a casa dello zio, insieme ad altri due partigiani, rinchiusa anch’ella alle scuole di San Giorgio, ma separata dai compagni, è quindi tradotta a Bologna, dove i fascisti speravano di ottenere da lei altre informazioni sulla Resistenza. Per sei giorni e sei notti Irma fu ferocemente seviziata dai fascisti che arrivarono ad accecarla con una baionetta, ma Irma resistette senza parlare, preservando così i suoi compagni partigiani.

I fascisti la fucilarono infine con alcuni colpi di pistola a bruciapelo al Meloncello di Bologna, nei pressi della casa dei suoi genitori, il 14 agosto.  Il corpo di Irma venne ritrovato sul selciato vicino allo stabilimento della ICO, fabbrica di materiale sanitario, dove i suoi aguzzini l’avevano lasciata in vista per una intera giornata, a monito. Fu quindi portata all’Istituto di Medicina Legale di via Irnerio dove un custode, amico della Resistenza, scattò le foto del viso devastato dalle torture. Irma fu infine sepolta nel Cimitero monumentale della Certosa di Bologna, accompagnata dai familiari e qualche amica.

La federazione bolognese del PCI il 4 settembre 1944 fece circolare un foglio clandestino in cui si ricordava il senso patriottico del sacrificio di Irma, incitando i bolognesi a intensificare la lotta partigiana per la liberazione dal nazi-fascismo.

Da qui, proseguendo verso il Meloncello e poi Via Saragozza si raggiunge la terza tappa dell’itinerario: il monumento dedicato alle 128 donne partigiane della provincia di Bologna, situato nel Parco di Villa Spada. Un luogo ricco di storia, soprattutto di ricordi del Risorgimento. Il monumento è stato realizzato nel 1975 dagli architetti del Gruppo “Città nuova”, autori anche del memoriale di Sabbiuno.

Proseguiamo in Via Saragozza e raggiungiamo via Albergati, qui è possibile vedere il famigerato palazzo, situato al numero 6 della strada. In questo edificio anonimo si trovava il Servizio di Sicurezza. Il Servizio di Sicurezza era un’unità speciale delle SS incaricata dell’identificazione dei crimini o dei potenziali nemici del nazismo e della soppressione degli oppositori. L’SD era l’agenzia che raccoglieva le informazioni, mentre la Gestapo era l’agenzia esecutiva del sistema di polizia politica.

La visita prosegue verso la Facoltà di Ingegneria. Questo luogo ha svolto un ruolo chiave nel nostro percorso, perché è stato occupato dai nazisti e dai fascisti il 9 settembre 1943, e da quel momento in poi divenne il quartier generale delle truppe di occupazione; ruolo che continuò fino alla Liberazione. Durante tutto questo periodo, la Facoltà di Ingegneria ospitava l’ufficio investigativo incaricato di combattere la Resistenza. I partigiani, o quelli che erano sospettati di esserlo, venivano arrestati, erano rinchiusi in celle sistemate al primo e secondo piano dell’edificio, dove subivano le torture più disumane.

Il nostro percorso si conclude al “Memoriale dei martiri partigiani”, fortemente voluto dal primo sindaco della Bologna repubblicana, un luogo che funge da memoriale a tutti i partigiani bolognesi che hanno sacrificato la loro vita per il nostro paese.

Il Sacrario iniziò a prendere forma già dal 21 aprile 1945, quando la città venne liberata dall’occupazione nazifascista. In maniera spontanea gruppi di donne iniziarono ad affiggere le foto dei propri cari su di una parete del palazzo comunale, nello stesso punto in cui erano stati fucilati molti partigiani. Gli stessi fascisti chiamavano in maniera ironica quel punto come posto di ristoro dei partigiani, facendo riferimento alla mensa popolare istituita da Francesco Zanardi all’interno della Sala Borsa. Lì i corpi dei giustiziati venivano lasciati esposti come monito ai cittadini.

Venne così a formarsi il primo nucleo del Sacrario, indicato spesso come Altare del popolo o Ara dei Martiri. Durante gli anni ’40 fu oggetto di dibattiti per la sua preservazione, dato che era esposto alle intemperie ma soprattutto in seguito ad un incendio subito il 23 aprile 1947 che distrusse circa i due terzi del reliquario.

Si costituì dunque un comitato con lo scopo di erigere un memoriale definitivo, a cui aderirono singoli cittadini e personalità locali, associazioni tra cui l’ANPI ma anche banche, il comune e la provincia. Il progetto definitivo, a cura dell’architetto Giuseppe Vaccaro, fu inaugurato nel decennale della liberazione dal sindaco Giuseppe Dozza, e successivamente dall’onorevole Saragat il 25 aprile 1955.

Nella notte tra il 13 e il 14 febbraio 1973 fu vittima di un attentato di natura fascista, a cui ebbe risposta una manifestazione il successivo 17 febbraio. Anche il 5 giugno del 2009 venne imbrattato da scritte fasciste.


Memory Path – “The Stories of the Stones”

The Memory Paths are designed to offer an intimate and profound knowledge of the places and communities that live there. Each proposed itinerary is made up of both places and events. In fact, in the path we will follow, we will tell the personal stories of women and men, or the events of which they were protagonists. We are convinced that in this way it is possible to understand the essence of the identity of a territory and, at the same time, how certain values ​​have become the living heritage of a community.

In this case we propose a particular urban itinerary: the path develops through stages that include stops in front of commemorative plaques of events linked to personal stories of great intensity, but which have also marked the recent collective history of the city of Bologna during the Second World War.

The goal is to free these stones from commemorative rhetoric and give them a new life.

Our attempt is to give meaning, through narration, to the sacrifice of those who did not hesitate to risk their lives for a better world. A true testament, in which the true heritage is made up of ideas, dreams and hopes, but above all by the example of these women and men for a freer and more just world than the one they had lived in. This is our duty, so that their sacrifice was not in vain.

For these reasons we decided to call our itinerary “The stories of the stones”.

The itinerary includes as its first stop Piazzetta della Vittoria in Casalecchio, site of the Cavalcavia Massacre. On September 8, 1943, many young people took to the mountains and joined the partisan struggle. The city was the protagonist of a massacre (Eccidio del Cavalcavia) by the Nazi-Fascists. Thirteen partisans, captured in the battle of Rasiglio on October 8, 1944, were barbarously murdered two days later, on October 10, in the Piazzetta della Vittoria, under the overpass that still crosses the railway line. Tortured and beaten and tied with wire around their necks, they were exposed for a week as a warning. The very cruel system of reprisals will make one think of the SS of the “executioner” of Marzabotto Walter Reder, as responsible for this tragedy. Six Italian partisans died and six Russians, former prisoners of labor camps. Among the victims was also a doctor of Costa Rican origin, Carlos Collado who had joined the partisans, in the ranks of Giustizia e Libertà. The Second World War was particularly disastrous for Casalecchio. During the 41 bombings, many houses were destroyed and in the last air raid the bridge was knocked down and an entire neighborhood, the Fondazza, was completely razed to the ground. For this reason Casalecchio was called the “Cassino of the North”. On April 10, 2003, the President of the Republic awarded the Medal of Civil Valor to the city of Casalecchio for the bombings of which it was the involuntary protagonist. There were 140 civilian victims due to war causes, 9 civilian victims due to reprisals and 16 partisans were killed (three also in the locality of Cocca, in Bologna).

Our journey continues towards the Certosa Cemetery, along whose wall there is a plaque dedicated to the massacre of six partisans, including Francesca Edera De Giovanni. The first female partisan shot by the fascists, she showed her great fighting spirit until the last moment, despite being 19 years old at the time of her execution.

Another plaque, not far from here, indicates the place where the body of Giovanni Martini was abandoned. Known as “Paolo” of war, in December 1944 he led the attack on the prison of San Giovanni in Monte, where political and common-law prisoners were freed. He actively participated as vice-commander on the field in the battle of “Porta Lame”, being one of the brightest spirits of the Bolognese Resistance.

The route continues towards the Stadio Renato Dall’Ara, where there is a commemorative plaque dedicated to Árpád Weisz, unforgettable coach of the Bologna football team in the 1930s. Due to his Jewish origins, he was a victim of the racial laws in Italy. His life was sad and suffering and ended in Auschwitz where, with his entire family, he was killed by the Nazis.

A short distance from the stadium is the house of Irma Bandiera, where she was brutally killed by fascist squads after seven days of torture. An exceptional picture of the Italian Resistance, she showed, despite her young age, what loyalty to oneself, to one’s principles, to one’s comrades means, but above all her courage to defend and fight for rights and freedom, not only for herself, but also for all those who would come after her. Irma Bandiera was born in 1915 into a wealthy family from Bologna; Irma Bandiera began to help the soldiers who had disbanded after the armistice and to take an interest in politics, joining the Communist Party. In Funo, small village near Bologna where she went to visit relatives, she met a medical student, Dino Cipollani from Argelato, the partisan “Marco”. Irma then joined the Resistance, which was very active in the lower Bologna area at the time, with the battle name “Mimma” in the 7 GAP Gianni Garibaldi Brigade of Bologna (The Patriotic Action Groups (GAP), formed by the general command of the Garibaldi Brigades at the end of October 1943, were small groups of partisans who were born on the initiative of the Italian Communist Party to operate mainly in the city, based on the experience of the French Resistance. The militants of the GAP were called “gappisti”.

On August 5, 1944, the partisans killed a German officer and a commander of the Black Brigades, unleashing a reprisal in Funo the following day. Three partisans were arrested and taken to the schools of San Giorgio di Piano. On August 7, 1944, Irma Bandiera had transported weapons to the base of her formation in Castel Maggiore. On the evening of August 7, she was arrested at her uncle’s house, together with two other partisans, and was also locked up in the schools of San Giorgio, but separated from her companions, she was then taken to Bologna, where the fascists hoped to obtain further information from her on the Resistance. For six days and six nights Irma was savagely tortured by the fascists who went so far as to blind her with a bayonet, but Irma resisted without speaking, thus protecting her partisan companions.

The fascists finally shot her with several gunshots at Meloncello Arc in Bologna, near her parents’ house, on August 14. Irma’s body was found on the pavement near the ICO plant, a medical supplies factory, where her torturers had left her on display for an entire day, as a warning. She was then taken to the Institute of Forensic Medicine in via Irnerio where the guardian, a friend of the Resistance, took photos of her face devastated by torture. Irma was finally buried in the monumental cemetery of the Certosa in Bologna, accompanied by her family and some friends.

On September 4, 1944, the Bologna federation of the Italian Communist Party, circulated a clandestine paper in which it recalled the patriotic sense of Irma’s sacrifice, inciting the people of Bologna to intensify the partisan struggle for liberation from Nazi-fascism.

From here, continuing towards Meloncello and then Via Saragozza, you reach the third stop on the itinerary: the monument dedicated to the 128 female partisans of the province of Bologna, located in the Villa Spada Park. A place rich in history, especially memories of the Risorgimento. The monument was built in 1975 by the architects of the “Città nuova” Group, also authors of the Sabbiuno memorial.

We continue along Via Saragozza and reach Via Albergati, here you can see the infamous building, located at number 6 of the street. In this anonymous building was located the Security Service. The Security Service was a special unit of the SS in charge of identifying crimes or potential enemies of Nazism and suppressing opponents. The SD was the agency that collected information, while the Gestapo was the executive agency of the political police system.

The visit continues to the Facoltà di Ingegneria. This place played a key role in our journey, because it was occupied by the Nazis and Fascists on September 9, 1943, and from that moment on it became the headquarters of the occupation soldiers; a role that continued until the Liberation. During this entire period, the Facoltà di Ingegneria housed the investigative office in charge of fighting the Resistance. The partisans, or those who were suspected of being so, were arrested, locked up in cells located on the first and second floors of the building, where they suffered the most inhuman torture.

Our journey ends at the “ Memoriale dei martiri partigiani “, strongly desired by the first mayor of republican Bologna, a place that serves as a memorial to all the Bolognese partisans who sacrificed their lives for our country.

The Shrine began to take shape as early as April 21, 1945, when the city was liberated from Nazi-fascist occupation. Groups of women spontaneously began to post photos of their loved ones on a wall of the town hall, in the same spot where many partisans had been shot. The fascists themselves ironically called that spot the refreshment point for partisans, referring to the soup kitchen established by Francesco Zanardi inside the Sala Borsa. There, the bodies of those executed were left exposed as a warning to citizens.

Thus, the first nucleus of the Shrine was formed, often referred to as the Altar of the People or the Altar of the Martyrs. During the 1940s it was the subject of debates for its preservation, given that it was exposed to the elements but above all following a fire on 23 April 1947 that destroyed about two thirds of the reliquary.

A committee was therefore formed with the aim of erecting a definitive memorial, which was joined by individual citizens and local personalities, associations including the ANPI, Italian Partisan National Association, but also banks, the municipality and the province. The definitive project, curated by the architect Giuseppe Vaccaro, was inaugurated on the tenth anniversary of the liberation by the mayor Giuseppe Dozza, and subsequently by a Senator of the Italian Republic, Giuseppe Saragat on 25 April 1955.

On the night between 13 and 14 February 1973 it was the victim of a fascist attack, which was responded to by a demonstration on the following 17 February. On June 5, 2009 it was also defaced with fascist graffiti.


Chemin de mémoire – “Les histoires des pierres”

Les Chemins de la Mémoire sont conçus pour offrir une connaissance intime et profonde des lieux et des communautés qui y vivent. Chaque itinéraire proposé est composé à la fois de lieux et d’événements. En effet, dans le chemin que nous suivrons, nous raconterons les histoires personnelles de femmes et d’hommes, ou les événements dont ils ont été les protagonistes. Nous sommes convaincus qu’il est ainsi possible de comprendre l’essence de l’identité d’un territoire et, en même temps, comment certaines valeurs sont devenues le patrimoine vivant d’une communauté.

Dans ce cas, nous proposons un itinéraire urbain particulier : le parcours se déroule à travers des étapes qui incluent un arrêt devant des plaques commémoratives d’événements liés à des histoires personnelles d’une grande intensité, mais qui ont également marqué l’histoire collective récente de la ville de Bologne pendant la Seconde Guerre mondiale.

Le but est de libérer ces pierres des rhétoriques commémoratives et de leur donner une nouvelle vie.

Notre tentative est de donner un sens, à travers le récit, au sacrifice de ceux qui n’ont pas hésité à risquer leur vie pour un monde meilleur. Un véritable testament, dont le véritable héritage est constitué d’idées, de rêves et d’espoirs, mais surtout de l’exemple de ces femmes et de ces hommes pour un monde plus libre et plus juste que celui dans lequel ils ont vécu. C’est notre devoir, afin que leur sacrifice ne soit pas vain.

C’est pour ces raisons que nous avons décidé d’appeler notre itinéraire “Les histoires des pierres”.

L’itinéraire comprend comme premier arrêt la Piazzetta della Vittoria à Casalecchio, lieu du massacre du Cavalcavia. Le 8 septembre 1943, de nombreux jeunes prennent le chemin des montagnes et s’engagent dans le combat partisan. La ville a été la protagoniste d’un massacre (Eccidio del Cavalcavia) perpétré par les fascistes-nazis. Treize partisans, capturés lors de la bataille de Rasiglio le 8 octobre 1944, furent sauvagement assassinés deux jours plus tard, le 10 octobre, sur ce qui était alors la Piazzetta della Vittoria, sous le viaduc qui traverse encore la voie ferrée. Torturés, battus et attachés avec du fil autour du cou, ils ont été exposés pendant une semaine en guise d’avertissement. Le système de représailles très cruel fera penser aux SS du “bourreau” de Marzabotto, Walter Reder, comme responsables de cette tragédie. Six partisans italiens sont morts et six partisans russes, anciens prisonniers des camps de travail. Parmi les victimes il y avait aussi un médecin d’origine costaricienne, Carlos Collado, qui avait rejoint les partisans, dans les rangs de Justice et Liberté. La Seconde Guerre mondiale fut particulièrement désastreuse pour Casalecchio. Au cours des 41 bombardements dont il a été victime, de nombreuses maisons ont été détruites et lors du dernier raid aérien, le pont a été démoli et un quartier entier, la Fondazza, a été complètement rasé. C’est pour cette raison que Casalecchio était surnommé le « Cassino du Nord ». Le 10 avril 2003, le Président de la République a décerné la Médaille de la Valeur Civile à la ville de Casalecchio pour les attentats à la bombe dont elle a été la protagoniste involontaire. Il y a eu 140 victimes civiles à cause de la guerre, 9 victimes civiles à cause des représailles et 16 partisans ont été tués (trois également à Cocca, Bologne).

Notre route continue vers le cimetière de Certosa, le long du mur duquel se trouve une plaque dédiée au massacre de six partisans, dont Francesca Edera De Giovanni. Première partisane abattue par les fascistes, elle a fait preuve d’une grande combativité jusqu’au dernier moment, alors qu’elle avait 19 ans au moment de son exécution.

Une autre plaque, non loin d’ici, indique l’endroit où le corps de Giovanni Martini a été abandonné. Connu sous le nom de « Paolo » pendant la guerre, il dirigea en décembre 1944 l’attaque de la prison de San Giovanni in Monte, où furent libérés les prisonniers politiques et de droit commun. Il participa activement en tant que commandant adjoint à la bataille de “Porta Lame”, étant l’un des esprits les plus brillants de la Résistance bolognaise.

Le parcours continue vers le Stadio Renato Dall’Ara, où se trouve une plaque commémorative dédiée à Árpád Weisz, l’inoubliable entraîneur de l’équipe de football bolognaise des années 30. En raison de ses origines juives, il a été victime des lois raciales en Italie. Son voyage fut triste et tourmenté et se termina à Auschwitz où, avec toute sa famille, il trouva la mort aux mains des nazis.

A une courte distance du stade se trouve la maison d’Irma Bandiera, où elle a été brutalement tuée par des escouades fascistes après sept jours de torture. Une figure exceptionnelle de la Résistance italienne a montré, malgré son jeune âge, ce que signifie la loyauté envers soi-même, ses principes, ses compagnons, mais surtout son courage pour défendre et lutter pour les droits et la liberté, non seulement pour elle, mais aussi pour tous ceux qui viennent après elle. Irma Bandiera est née en 1915 dans une riche famille bolonaise; Irma Bandiera commence à aider les soldats licenciés après l’armistice et à s’intéresser à la politique en adhérant au Parti communiste. À Funo, où il rend visite à ses proches, il rencontre un étudiant en médecine, Dino Cipollani d’Argelato, le partisan “Marco”. Irma rejoint ensuite la Résistance, alors très active dans la basse région de Bologne, sous le nom de bataille « Mimma » dans la septième brigade GAP Gianni Garibaldi de Bologne (Les Groupes d’action patriotique (GAP), formés par le commandement général de la Brigade Garibaldi. Les brigades de la fin octobre 1943 étaient de petits groupes de partisans nés à l’initiative du Parti communiste italien pour opérer principalement dans la ville, sur la base de l’expérience de la Résistance française. Les militants du GAP étaient appelés « gapistes ». .

Le 5 août 1944, les partisans tuèrent un officier allemand et un commandant des brigades noires, déclenchant le lendemain des représailles à Funo. Trois partisans sont arrêtés et emmenés dans les écoles de San Giorgio di Piano. Le 7 août 1944, Irma Bandiera avait transporté des armes jusqu’à sa base d’entraînement de Castel Maggiore. Le soir du 7 août, elle fut arrêtée chez son oncle, avec deux autres partisans. Elle fut également enfermée dans les écoles de San Giorgio, mais séparée de ses camarades. Elle fut ensuite emmenée à Bologne, où espéraient les fascistes obtenir d’elle des informations complémentaires sur la Résistance. Pendant six jours et six nuits, Irma a été férocement torturée par les fascistes qui l’ont même aveuglée avec une baïonnette, mais Irma a résisté sans parler, préservant ainsi ses camarades partisans.

Les fascistes l’ont finalement abattue à bout portant à l’ Arc de Meloncello à Bologne, près de la maison de ses parents, le 14 août. Le corps d’Irma a été retrouvé sur le trottoir près de l’usine ICO, une usine de fournitures médicales, où ses bourreaux l’avaient laissée visible toute une journée, en guise d’avertissement. Elle a ensuite été emmenée à l’Institut médico-légal de la Via Irnerio où un gardien, ami de la Résistance, a pris des photos de son visage dévasté par la torture. Irma a finalement été enterrée dans le cimetière monumental de la Certosa di Bologna, accompagnée de sa famille et de quelques amis.

Le 4 septembre 1944, la fédération bolognaise du Parti Communiste Italien fait circuler un bulletin clandestin rappelant le sens patriotique du sacrifice d’Irma, incitant les habitants de Bologne à intensifier la lutte partisane pour se libérer du fascisme nazi.

De là, en continuant vers Meloncello puis via Saragozza, on arrive à la troisième étape de l’itinéraire : le monument dédié aux 128 femmes partisanes de la province de Bologne, situé dans le parc de Villa Spada. Un lieu riche en histoire, notamment en souvenirs du Risorgimento. Le monument a été construit en 1975 par les architectes du groupe “Città nuova”, également auteurs du mémorial de Sabbiuno.

Nous continuons le long de la Via Saragozza et arrivons à la Via Albergati, ici il est possible de voir le fameux bâtiment, situé au numéro 6 de la rue. Le Service de Sécurité se trouvait dans ce bâtiment anonyme. Le Service de sécurité était une unité spéciale de la SS chargée d’identifier les crimes ou les ennemis potentiels du nazisme et de réprimer les opposants. Le SD était l’agence de collecte de renseignements, tandis que la Gestapo était l’agence exécutive du système de police politique.

La visite se poursuit vers la Facoltà di Ingegneria. Ce lieu a joué un rôle clé dans notre voyage, car il fut occupé par les nazis et les fascistes le 9 septembre 1943, et devint dès lors le quartier général des troupes d’occupation ; rôle qui perdura jusqu’à la Libération. Durant toute cette période, la Faculté d’Ingénierie abrite le bureau d’enquête chargé de combattre la Résistance. Les partisans, ou ceux qui étaient soupçonnés d’en être un, ont été arrêtés et enfermés dans des cellules situées au premier et au deuxième étage du bâtiment, où ils ont subi les tortures les plus inhumaines.

Notre voyage se termine au “Memoriale dei martiri partigiani”, fortement désiré par le premier maire de Bologne républicaine, un lieu qui sert de mémorial à tous les partisans bolognais qui ont sacrifié leur vie pour notre pays.

Le sanctuaire a commencé à prendre forme dès le 21 avril 1945, lorsque la ville a été libérée de l’occupation nazi-fasciste. Spontanément, des groupes de femmes ont commencé à afficher des photos de leurs proches sur un mur de la mairie, à l’endroit même où de nombreux partisans avaient été abattus. Les fascistes eux-mêmes appelaient ironiquement cet endroit le point de restauration des partisans, en référence à la cantine populaire établie par Francesco Zanardi à l’intérieur de la Sala Borsa. Là, les corps des exécutés ont été laissés exposés en guise d’avertissement aux citoyens.

Ainsi fut formé le premier noyau du sanctuaire, souvent appelé autel du peuple ou autel des martyrs. Durant les années 1940, elle fit l’objet de débats pour sa préservation, étant donné qu’elle était exposée aux intempéries mais surtout par suite d’un incendie subi le 23 avril 1947 qui détruisit environ les deux tiers du reliquaire.

Un comité a donc été formé dans le but d’ériger un mémorial définitif, auquel se sont joints des citoyens individuels et des personnalités locales, des associations dont l’Association Nationale Partisans Italiens mais aussi des banques, la municipalité et la province. Le projet définitif, conçu par l’architecte Giuseppe Vaccaro, a été inauguré à l’occasion du dixième anniversaire de la libération par le maire Giuseppe Dozza, puis par un Sénateur de la République Italien, Giuseppe Saragat le 25 avril 1955.

Dans la nuit du 13 au 14 février 1973, il fut victime d’une attaque fasciste, à laquelle répondit une manifestation le 17 février suivant. Le 5 juin 2009 déjà, il était couvert de graffitis fascistes.